La bussola della Uil: condizioni di lavoro che ci permettano di far funzionare le scuole autonome, primato del contratto e regole condivise.
Sugli esiti della mobilitazione nazionale unitaria dei dirigenti scolastici, dei quattro sindacati scuola rappresentativi dell’area V, abbiamo intervistato due segretarie nazionali del dipartimento Area V della UILscuola RUA e il segretario generale nazionale Pino Turi.
Oggi in tutti i capoluoghi di Regione si sono tenute assemblee unitarie Area V e davanti agli Uffici Scolastici Regionali c’erano presidi che manifestavano: un grande successo della vostra mobilitazione. Quali sono le ragioni della protesta?
Lorenza Patriarca, segreteria nazionale dipartimento dirigenti scolastici UIL Scuola RUA Area V:
«Sì certo un vero successo se pensiamo che storicamente i dirigenti scolastici non scendono in piazza e scioperano poco per paura di danneggiare i ragazzi e le loro scuole. Stavolta però abbiamo proprio perso la pazienza, nonostante la nostra categoria sia senz’altro tra le più dotate di questa ‘santa’ virtù.
Scioperiamo perché il nostro quotidiano è talmente saturo di impegni estranei alla nostra specificità che è diventato quasi impossibile far bene il nostro lavoro: adempimenti burocratici, monitoraggi, gestione delle emergenze legate alla sicurezza degli edifici, appalti e contenzioso amministrativo ci distolgono dal focus del nostro ruolo che è quello di garantire l’apprendimento dei ragazzi e il benessere di tutti, invece di occuparci di quelle che chiamiamo “molestie burocratiche” e che finiscono per monopolizzare il nostro tempo. Per non parlare delle reggenze legate alla cronica carenza di organico: un dirigente deve per forza gestire due scuole anziché una perché i concorsi non si bandiscono e ogni scuola supera i 1000 studenti distribuiti su più sedi. Abbiamo contato fino a 23 sedi staccate da gestire tra scuola di titolarità e scuola in reggenza».
Rosa Cirillo, segreteria nazionale dipartimento dirigenti scolastici UIL Scuola RUA Area V, aggiunge: «per non parlare degli stipendi ben inferiori a quelli degli altri dirigenti pubblici e che per giunta continuano a diminuire tanto quanto crescono le responsabilità. Un dirigente scolastico assunto dopo il 2000 spesso non arriva a €2500. Occorre valorizzare l’impegno e la professionalità dei presidi come di tutte le professionalità della scuola, ma soprattutto costruire un sistema capace di funzionare bene. Si parla tanto di semplificazione, ma manca un’idea di organizzazione dell’amministrazione centrale. Ogni ufficio ci sommerge di richieste e di nuove incombenze, le stesse previste per altre amministrazioni pubbliche, che però possono contare su ben altre risorse di bilancio, su collaborazioni e uffici tecnici e legali totalmente assenti nella scuola.
Ci trattano alla stregua della Regione Lazio o l’Ufficio centrale dell’INPS, ma non abbiamo neanche diritto all’esonero di un collaboratore. Come se in una media impresa ci fosse solo l’amministratore delegato e nessuna figura intermedia tra lui e gli operai!»
« E’ proprio l’idea di dirigenza disegnata dalla Legge 107 che non ci piace – puntualizza Lorenza Patriarca – si tratta di un ibrido e non di una dirigenza specifica. Per noi è essenziale che il dirigente sia parte di una comunità professionale e che mantenga una forte dimensione educativa. Il modello di valutazione che ci viene proposto dal MIUR testimonia invece una visione differente. E’ una valutazione tutta cartacea, irrigidita da un format che non permette spazi di confronto e si basa sulla presenza/assenza di alcuni documenti o adempimenti e è gestita da nuclei di valutatori scelti e nominati dal direttore generale che è una figura di nomina politica. Si rischia di minare la nostra autonomia che è l’unica garanzia di avere una scuola davvero libera ed indipendente».
«Noi vogliamo che materie quali valutazione, mobilità, formazione, così come per il personale docente e ATA – continua Rosa Cirillo – tornino ad essere normati dal contratto e non derivino da dispositivi di legge. Questo sistema non è accettabile. Anche sulla formazione il ministero ci ha comunicato come dovremo formarci con quali metodologie e su quali argomenti senza alcuna rilevazione dei bisogni e senza confrontarsi con noi rappresentanti della categoria. Una visione miope del problema che ci offende e a cui abbiamo risposto in massa disertando le occasioni formative proposte dal Miur».
«Questa è una battaglia che noi della UIL Scuola – pone l’accento il segretario generale, Pino Turi – vogliamo fare insieme a tutte le categorie del comparto scuola: la Legge della Buona scuola e ancor prima la Legge Brunetta hanno, mortificando il contratto, subordinandolo alla Legge ridotto l’autonomia della scuola in favore di una presunta autonomia del dirigente che avrebbe potuto scegliere i docenti e valutarli secondo un modello discrezionale e arbitrario privo di garanzie che è tipico di modelli privati che hanno finalità educative di parte. Ciò mina l’idea stessa della scuola come comunità professionale e base di democrazia e partecipata.
Dirigenti e docenti hanno contratti differenti, perché differenti sono le funzioni: non si deve ridurre solo a posizioni gerarchiche che nella scuola non sono possibili, si tratta di posizioni funzionali di ruoli e funzioni diverse, quella didattica e quella gestionale che però vanno pensati e costruiti in modo armonico per far funzionare le scuole. Si deve pensare per i docenti a qualche altro meccanismo di carriera nella scuola regolato dal contratto che non sia solo quello di fare il concorso a preside».
Siete stati ricevuti al Ministero cosa avete ottenuto?
Patriarca: « La valutazione sarà congelata per quest’anno non solo per attribuire al preside la retribuzione di risultato, ma anche per i previsti effetti classificatori (da eccellente a buono o addirittura obiettivo non raggiunto). Noi vorremmo che tutto il modello cambiasse passo, ma per ora è un risultato accettabile. Il Ministro ha recuperato dalle pieghe del proprio bilancio ministeriale 10 milione (meno di 1000 € all’anno lordo stato per ciascun dirigente). Ancora troppo poco in termini economici per la distanza siderale dagli stipendi dei colleghi di altre dirigenze, ma un importante segnale di attenzione. Saranno inoltre aperti due tavoli tecnici: uno sulla semplificazione e uno sull’atto di indirizzo. Di nuovo un fatto positivo che apre al confronto e abbandona lo stile dell’’editto’ emanato dall’alto che ha prevalso finora
La mobilitazione continua?
Cirillo: « Abbiamo raggiunto qualche obiettivo, ma fino all’apertura dei tavoli per il contratto manteniamo lo stato di agitazione. I segretari regionali scuola dei nostri sindacati hanno inviato ai direttori generali due diffide perché procedano a valutare lo stress da lavoro correlato dei dirigenti scolastici delle loro regioni e si astengano da valutarci, ma saremo soddisfatti solo quando si apriranno i tavoli per i contratti».
Tornerete a forme di protesta unitarie anche con ANP e altre sigle corporative?
«Mai dire mai » – sottolinea Turi – «ma se restano sulle stesse posizioni di oggi è impossibile dialogare, del resto, la condizione della protesta odierna è frutto delle politiche di divisione e di trasformazioni del ruolo dirigenziale della 107 che ANP ha rivendicato.
Loro dicono ‘più poteri’, noi diciamo ‘condizioni di lavoro che ci permettano di far funzionare le scuole autonome’.
Loro dicono ‘primato della Legge sul contratto e più discrezionalità’, noi diciamo ‘primato del contratto e regole condivise’. Solo sulla retribuzione potremmo trovare punti di contatto, ma sarebbe troppo facile. Noi dobbiamo pensare anche alle funzioni e al ruolo della scuola statale a rischio di privatizzazione e questo accomuna tutto il personale, dirigenti docenti, educatori ed Ata.